venerdì 28 maggio 2010

Il brodo reale di Gianozia

Il brodo reale si chiama così perché è il brodo che veniva preparato nelle cucine del palazzo reale. E' un brodo che si usa principalmente per cucinare e solo molto raramente viene bevuto da solo.

E' un brodo molto leggero, ma molto saporito. Il suo segreto è la lunga e lenta cottura, in modo che ogni sapore venga completamente estratto.

Nelle cucine reali, questo brodo veniva preparato tutti i giorni. In tempi recenti, di solito le cuoche gianoziane lo congelano in appositi barattoli che possono contenere due o tre romaioli ciascuno.

Ingredienti

  • Spalla di vitello;
  • fesa di tacchino;
  • carote;
  • sedano;
  • cipolle;
  • acqua.
Il brodo reale non va assolutamente salato. Essendo usato per cucinare, difatti, il sale viene messo direttamente nella pietanza e non nel brodo.

Strumenti


  • Pentola grande con coperchio;
  • pelapatate, coltello e tagliere per pulire le verdure;
  • romaiolo per versare il brodo nei barattoli;
  • cucchiaio di legno.

Procedimento

  1. Mettere la carne sul fondo della pentola.
  2. Aggiungere le verdure.
  3. Riempire il più possibile la pentola d'acqua.
  4. Mettere sul fuoco vivace finché non bolle.
  5. Abbassare la fiamma e mettere il cucchiaio tra il coperchio e la pentola per lasciare una piccola apertura.
  6. Lasciar bollire il brodo anche per cinque o sei ore, aggiungendo di tanto in tanto acqua per riportarla al livello originale.
Non è necessario schiumare il brodo e di solito non viene nemmeno filtrato, perché il tipo di carne non crea troppi residui. Resta comunque un po' torbido, per cui se serve un brodo molto trasparente, va filtrato con l'aiuto di un pezzo di carta.

Lo scopo è ottenere un buon brodo, esaurendo completamente gli ingredienti. Alla fine, le verdure saranno immangiabili e bisognerà buttarle.

Per quanto riguarda la carne, che è sempre un peccato buttare, la tradizione ha elaborato diverse ricette di lesso rifatto (alla stranoziana, alla senape, ecc.), di cui diremo qualcosa nei prossimi giorni.

giovedì 27 maggio 2010

Gnocchi vimiani o in viper-mode al formaggio

Gli gnocchi vimiani sono degli gnocchi di semolino, che però non vengono tagliati tondi come gli gnocchi alla romana, ma con forme diverse, che variano da famiglia a famiglia. Gli stessi gnocchi sono noti a Santa Clara, capitale della Gianozia e sede del convento degli emacsiti, come gnocchi in viper-mode, perché gli emacsiti si ostinano a non attribuire questa delizia ai rivali vimiani.

Secondo la leggenda stranoziana, fu il grande monaco vimiano Geremia da Tomelle ad avere l'idea del formaggio sugli gnocchi al semolino.

Ingredienti

  • Besciamella;
  • formaggi assortiti (gorgonzola, mozzarella, parmigiano, emmenthal, ecc.);
  • semolino;
  • latte;
  • burro, sale.
Le proporzioni l'impasto degli gnocchi sono:
  • 1l di latte;
  • 250g di semolino;
  • parmigiano, burro e sale a piacere.

Strumenti

  • Pentola per l'impasto e per la besciamella;
  • cucchiaio di legno;
  • formine per biscotti;
  • mattarello;
  • pirofila;
  • romaiolo.

Procedimento

  1. Scaldare il latte.
  2. Versarci piano piano il semolino mescolando.
  3. Metterci il burro, il parmigiano, il sale.
  4. Mescolare finché non assoda.
  5. Stendere all'altezza di circa 5-8 mm e far raffreddare.
  6. Preparare la besciamella.
  7. Mettere un po' di besciamella nella pirofila.
  8. Tagliare gli gnocchi con le formine da biscotti.
  9. Mettere i ritagli nella pirofila.
  10. Aggiungere parte del formaggio e coprire con la besciamella.
  11. Mettere gli gnocchi nella pirofila.
  12. Coprire con la besciamella e il formaggio.
  13. Infornare a 220-240 gradi per circa 20 minuti.

mercoledì 26 maggio 2010

Gnocchi verdi alla stranoziana

Questa è una di quelle ricette che distinguono chiaramente la cucina gianoziana da quella stranoziana. L'elaborazione finale di questa ricetta si deve nientemeno che alla regina Klarentia, ma la sua consacrazione nell'alta cucina si deve a Gustafsson, che aprì il suo famoso L'arte di cucinare ne' paesi fermi e non fermi proprio con questa ricetta, un cortese omaggio alla sua protettrice.

Ingredienti

Per sei-otto persone.
  • 500g di verdure a foglia larga miste (coste, spinaci, erbette, ecc.);
  • 500g di farina di semola di grano duro;
  • 3-4 cucchiai di formaggio grana o parmigiano grattugiato;
  • 1 uovo;
  • pancetta affumicata in tranci;
  • piselli lessati (anche in scatola);
  • panna;
  • ricotta;
  • sale.
L'uovo si può anche non mettere. In caso, ce ne va uno indipendentemente dalla quantità degli altri ingredienti.

Strumenti

  • Tagliere e coltello;
  • pentola per lessare le verdure e cuocere gli gnocchi;
  • due ciotole;
  • frullatore;
  • cucchiaio;
  • mestolo forato;
  • pentolino.

Procedimento

  1. Lessare le verdure.
  2. Scolare le verdure, farle freddare e tritarle nel frullatore.
  3. In una ciotola, mescolare le verdure, l'uovo, la farina e il formaggio fino a formare un panetto.
  4. Tagliare il panetto in cubetti di circa 1.5 cm di lato o anche più piccoli, oppure fare degli gnocchi della forma voluta. Disporli su un vassoio in un unico strato, leggermente infarinati.
  5. Tagliare la pancetta a fette spesse 3-4 mm e larghe 2x2 cm centimetri.
  6. Mettere la pancetta in un pentolino.
  7. Quando il grasso della pancetta diventa semitrasparente, aggiungere i piselli.
  8. Mettere nel frullatore la ricotta e ridurla a una crema.
  9. Aggiungere la panna alla ricotta e mescolare.
  10. Versare la ricotta e la panna sulla pancetta e i piselli e mescolare.
  11. Mettere dell'acqua salata sul fuoco. Quando bolle buttare gli gnocchi nell'acqua.
  12. Disporre un po' di condimento in una ciotola per formare la base.
  13. Quando gli gnocchi salgono a galla, cavarli col mestolo forato e metterli nella ciotola.
  14. Aggiungere poco condimento e mescolare.
  15. Versare sopra il resto del condimento e mandare in tavola.

martedì 25 maggio 2010

Il ragù nella cucina gianoziana

Il ragù è da sempre una delle salse più importanti della cucina gianoziana. Condire la pasta è solo uno tra i tanti possibili utilizzi. Uno dei preferiti dei gianoziani, per esempio, è usarlo direttamente sul pane per degli spuntini veloci. La leggerezza e il sapore deciso ne fanno un ingrediente ideale per farcire le verdure, in particolare i peperoni e le zucchine tonde.

Farcire i peperoni

Ingredienti

  • Peperoni (uno a testa);
  • ragù;
  • parmigiano o grana grattugiato.

Strumenti

  • Teglia da forno;
  • coltello;
  • cucchiaio;
  • grattugia o frullatore.

Procedimento

I peperoni sono già molto saporiti, per cui non necessitano di aggiunte. Per farcirli, vanno puliti e divisi a metà. Ognuna delle due metà viene riempita di ragù e quindi spolverizzata di parmigiano o di grana grattugiato. Vanno messi in forno a circa 200 gradi per un 10-20 minuti, cioè finché il peperone non è cotto e il formaggio fuso.

Farcire le zucchine tonde

Ingredienti

  • Zucchine tonde (due a testa);
  • ragù;
  • pancetta al pepe o comunque molto saporita, a fette sottili;
  • passato di pomodoro;
  • cipolla.

Strumenti

  • Coltello;
  • cucchiaino;
  • stuzzicadenti (uno per zucchina);
  • teglia da forno;
  • pentolino per la salsa al pomodoro;
  • cucchiaio.

Procedimento

  1. Pulire le zucchine e pareggiarle in basso.
  2. In alto, tagliare una fetta alta circa un centimetro che farà da coperchio.
  3. Scavare le zucchine con un cucchiaino.
  4. Richiudere le zucchine tenendo in posizione il coperchio con uno stuzzicadente.
  5. Lessare le zucchine o passarle al microonde per qualche minuto, in modo che si ammorbidiscano e cuociano un po'.
  6. Mettere in ogni zucchina una o due fette di pancetta.
  7. Riempirle col ragù e richiuderle.
  8. Disporle sulla teglia.
  9. Affettare la cipolla e metterla in un pentolino con un po' d'olio.
  10. Appena appassisce, metterci il passato di pomodoro e cuocere per un minuto o due.
  11. Ricoprire le zucchine con la salsa di pomodoro.
  12. Mettere in forno a 200 gradi per circa 10-20 minuti.

E con gli avanzi...

Con la polpa avanzata delle zucchine si può fare una frittata. Basta tagliuzzarla col coltello, passarla in padella con un po' d'aglio e della pancetta, quindi aggiungere le uova sbattute e un formaggio erborinato tipo gorgonzola o meglio rochefort.

lunedì 24 maggio 2010

Loselèt


Il nome di questa ricetta, loselèt, è un'antica parola noziana, la lingua da cui originano sia il gianoziano che lo stranoziano (che difatti si dicono lingue note), arrivata diretta a noi senza che abbia subito alcuna alterazione. E' un nome plurale, da cui deriva il singolare loselettin, che indica in generale le cucciolate quando stanno insieme per scaldarsi o per mangiare, in particolare le nidiate di pulcini.

Ingredienti

  • Vitello a fette;
  • prosciutto cotto;
  • formaggio a fette tipo Emmenthal o Gouda;
  • paprica dolce;
  • curry forte;
  • salvia;
  • pancetta a fette sottili;
  • Porto;
  • olio, sale, farina di riso.
Le fettine di vitello vanno battute e tagliate a quadrati di circa 8-10 cm di lato. Per ogni quadrato, servono mezza fetta di prosciutto, mezza fetta di formaggio, una fetta di pancetta e una foglia di salvia.

Strumenti

  • Spago;
  • padella larga con coperchio;
  • bicchierino o tazzina da caffè;
  • cucchiaino;
  • tagliere e coltello;
  • batticarne;
  • piatto di portata.

Procedimento

  1. Battere bene la carne.
  2. Passare i quadrati nella padella con un filo d'olio, scottandoli appena appena (una decina di secondi) solo da un lato.
  3. Metterli su un piatto a raffreddare.
  4. Disporre i quadrati sulla spianatoia, con il lato cotto in alto.
  5. In un bicchierino o una tazzina, mescolare in pari quantità paprica e curry. Ne servirà non più di un cucchiaino per sorte ogni venti quadrati.
  6. Mettere un pizzico della miscela su ogni quadrato.
  7. Mettere mezza fetta di prosciutto cotto su ogni quadrato.
  8. Mettere mezza fetta di formaggio su ogni quadrato.
  9. Arrotolare i quadrati badando bene che il prosciutto e soprattutto il formaggio non escano.
  10. Ricoprire di pancetta gli involtini, chiudendo bene soprattutto le estremità.
  11. Legare ogni involtino come fosse un pacchetto regalo, stringendo bene.
  12. Infilare nello spago una foglia di salvia per ogni involtino, in modo che sia ben distesa.
  13. Mettere un filo d'olio nella padella e disporre gli involtini in modo che stiano ben attaccati.
  14. Mettere sul fuoco basso. Devono cuocere coperti per circa un paio d'ore, senza girarli.
  15. Verso metà cottura, bagnare con un bicchiere e mezzo di Porto.
  16. Regolare di sale verso la fine.
  17. Al momento di andare in tavola, toglierli dalla padella lasciando l'intingolo e disponendoli in un piatto di portata.
  18. Restringere il fondo di cottura con un po' di farina e versarlo sopra i loselèt.

domenica 23 maggio 2010

Patate in stufa

Furono gli immigrati di origine toscana a inventarsi per primi questa ricetta, che loro erano soliti portare in tavola il giorno che facevano il pane. Ma ben presto tutti i gianoziani finirono con l'imitarli. E' una delle poche ricette tradizionali che non è stata tramandata da Corofrasto, che sembra ignorarla completamente. Si pensa quindi che sia un'invenzione tarda. Fu introdotta in un manuale di cucina per la prima volta nel XVIII secolo, nell'anonimo Vecchie e nuove scoperte nella cucina gianoziana.

Ingredienti

  • Patate;
  • 1 cipolla;
  • passato di pomodoro;
  • acqua;
  • rosmarino;
  • olio, sale grosso.

Strumenti

  • Teglia da forno;
  • coltello, tagliere;
  • pinza per affettare.

Procedimento

  1. Affettare la cipolla.
  2. Mettere un filo d'olio sul fondo della teglia e metterci le cipolle.
  3. Affettare le patate.
  4. Fare degli strati di patate a fette, mettendo ogni tanto un cucchiaio di pomodoro e qualche rametto di rosmarino.
  5. Quando le patate sono finite, aggiungere il resto del passato di pomodoro e coprire d'acqua finché le patate sono più che completamente sommerse.
  6. Infornare a 150-180 gradi per un paio d'ore abbondanti.
  7. Verso metà cottura, verificare che non si siano asciugate troppo (in caso aggiungere dell'altra acqua) e mettere una manciata di sale grosso.
  8. Controllare periodicamente che non asciughino troppo.
  9. Prima di mandare in tavola, versarci sopra un po' d'olio crudo.

giovedì 20 maggio 2010

Una cucina, tante origini

Contrariamente a quello che succede in altri casi, dove la ricerca della tradizione e della genuinità spesso si accompagnano a un rifiuto di tutto quello che è sentito come straniero, la cucina gianoziana è sempre aperta ad accogliere influssi esterni. Anzi, si potrebbe persino sostenere che è questo continuo desiderio di inglobare e assimilare che rappresenta il tratto più caratteristico della cucina gianoziana.
La base della cucina gianoziana risale alla tradizione contadina, già pesantemente influenzata dalla pratica del merioriento. Sia la componente gianoziana, che quella stranoziana furono nobilitate nel Cinquecento, da una parte dalle famose cucine di palazzo della regina Klarentia, dall'altra dai due grandi conventi, quello emacsita di Santa Clara e quello dei vimiani a Galatina, in Stranozia.
Ma l'impulso all'internazionalizzazione fu una costante nel XVI secolo. L'immigrazione, che veniva in quegli anni principalmente dall'Italia, aveva portato con sé le tradizioni toscane, laziali, venete, e anche di altre regioni d'Italia e d'Europa, e le ha radicate talmente nella cucina gianoziana che oggi sarebbe impossibile distinguerle dalla componente originale.
Grandi cuochi stranieri che lavoravano a corte, come il ben noto Gustafsson, hanno dato un contributo forse più limitato, ma certamente altrettanto incisivo. I viaggi di Corofrasto hanno fatto conoscere ai gianoziani ingredienti favolosi ed esotici e modi originali di usarli.
Resta dubbio il contributo della scoperta dell'America alla cucina gianoziana. Tradizionalmente si è sempre pensato che la cucina gianoziana avesse accolto i nuovi ingredienti solo all'inizio del XVI secolo, magari un po' in anticipo rispetto al resto d'Europa, grazie all'abitudine alla sperimentazione. Purtroppo però esistono poche fonti per una storia della cucina gianoziana in epoca medievale, quindi ci si basa principalmente su congetture. Ma recenti scoperte fanno supporre che esistesse anche un Merioriento Atlantico, più rado di altri ben noti meriorenti, che portava la Gianozia a contatto con una zona corrispondente all'incirca all'attuale Messico. Se queste ipotesi fossero verificate, sarebbe probabilmente necessario retrodatare l'introduzione di certi ingredienti nella cucina gianoziana.
In conclusione, non c'è quindi da stupirsi che molte ricette considerate gianoziane appartengano in realtà anche ad altre cucine tradizionali. In ogni caso, sperimentare è la tradizione in Gianozia, per cui difficilmente una ricetta verrà adottata tale e quale dalla cucina gianoziana.

martedì 18 maggio 2010

Il primo menù gianoziano - Introduzione

Abbiamo visto tre ricette didattiche di cucina gianoziana:
  1. antipasto di pere e formaggio;
  2. pasta al pomodoro;
  3. straccetti con cipolla e peperoni.
Partendo da queste tre ricette è possibile combinare un menù completo che ci porterà al nostro primo pranzo gianoziano.
Prima di poter condividere quest'esperienza con altri, è comunque meglio impratichirsi con i vari piatti, ripetendoli e magari adattandoli al nostro gusto e, perché no, anche al nostro supermercato di riferimento. Sono gli ingredienti che fanno la cucina: è meglio cambiare ingrediente piuttosto che utilizzare quello giusto, ma che il nostro supermercato ha di bassissima qualità. In ogni caso, le ricette di questo primo menù non dovrebbero avere problemi di reperibilità degli ingredienti.

Se proprio vogliamo sperimentare direttamente per qualcun'altro, facciamolo con solo il primo o solo il secondo. Ma non è il caso di essere in ansia: male che vada, ordineremo una pizza! Ricordiamoci che le ricette vengono bene la prima volta, pasticciate la seconda e pessime la terza. E' dalla quarta volta in avanti che finalmente la ricetta diventa davvero nostra.

Come prima cosa, prendiamo tempo, quindi evitiamo di invitare per il giorno dopo o per la sera di un giorno in cui dobbiamo lavorare. Il momento ideale è la domenica a pranzo oppure il sabato sera. Più pratica la prima e più romantico il secondo. Così avremo tutto il tempo di fare la spesa, cucinare, preparare la tavola e magari anche fare una doccia prima che lui o lei arrivi. Se è il nostro primo pranzo, invitiamo con almeno cinque o sei giorni d'anticipo.

Nelle prossime puntate, ci metteremo nei panni di chi, sperimentate le ricette tre o quattro volte, ha deciso finalmente di cucinare anche per qualcun'altro, ossia nel 90% dei casi per la sua lei o per il suo lui. Ma dev'essere amore vero: nella cucina gianoziana un principiante si riconosce al primo sguardo e quindi la nostra lei o il nostro lui deve apprezzare innanzitutto lo sforzo e l'impegno. E se apprezzerà anche il menù, bè, allora, prepareremo i fiori d'arancio!

lunedì 17 maggio 2010

Torta quarantadue



L'origine dello strano nome di questa torta è ignota. Recenti studi di cabala gianoziana lo mettono tuttavia in relazione con un ben noto uso del numero quarantadue.
Il più noto esempio di uso tipico gianoziano di quarantadue è della regina Klarentia. Quando Corofrasto e Klarentia si innamorarono perdutamente, alcuni cercarono di approfittarne per minare la credibilità della reggente. All'epoca Corofrasto era solo l'istruttore del giovane principe Teoduberto. La leggenda vuole che un ministro si sia rivolto con sdegno alla reggente dicendo «Ebbene, io vorrei sapere come e quanto quest'uomo ha avuto delle udienze private da vostra signoria!» Al che Klarentia avrebbe risposto con noncuranza «Quarantadue», mettendo fine alla discussione. La leggenda di Klarentia confermerebbe alcune ipotesi per cui l'origine del quarantadue sia in realtà stranoziana. Altri ricercatori ipotizzano due origini indipendenti, gianoziana e stranoziana.
Secondo quindi questi recenti studi, la soavità e leggerezza di questa torta sarebbero la vera risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto.

Ingredienti

  • 250 g di fecola di patate;
  • 100 g di farina;
  • 200 g burro;
  • 200 g zucchero;
  • 3 uova;
  • 1 bustina di polvere lievitante per dolci;
  • 1 pizzico di sale;
  • scorza di limone;
  • zucchero a velo.

Strumenti

  • Ciotola;
  • frusta (elettrica);
  • frullatore;
  • tagliere e coltello;
  • rigalimoni per la scorza di limone;
  • cucchiaio di legno;
  • spargifarina;
  • tortiera.

Procedimento

  1. Mettere il burro nel frullatore.
  2. Separare le chiare dai tuorli, mettendo le chiare nella ciotola e i tuorli nel frullatore.
  3. Aggiungere lo zucchero nel frullatore e montare il tutto in modo che formi una crema omogenea e liscia.
  4. Togliere la crema dal frullatore e aggiungere la scorza di limone.
  5. Montare le chiare a neve ferma.
  6. Incorporare la crema di burro, continuando a montare con la frusta.
  7. Aggiungere farina e fecola con lo spargifarina e alla fine aggiungere il lievito. Rendere tutto omogeneo.
  8. Mettere nella tortiera, in caso imburrandola e infarinandola.
  9. Infornare a 180 gradi per 30-40 minuti.
  10. Lasciare raffreddare su una grata e poi ricoprire di zucchero a velo.

domenica 16 maggio 2010

Crostata alla Gustafsson





Björn Gustafsson, grande cuoco di origine svedese, è considerato il padre della moderna culinaria gianoziana. Formatosi nelle cucine della regina Klarentia e grande amico e compagno di bevute di Corofrasto, ha scritto il primo grande trattato di cucina, L'arte di cucinare ne' paesi fermi e non fermi, tutt'ora il testo di riferimento per ogni buon cuoco gianoziano.

Gianoziano d'adozione, Gustafsson rimase sempre molto legato ai cibi tradizionali della sua patria, come il salmone, le polpette o le splendide marmellate di bacche. Le integrò quindi nella cucina gianoziana e a lui si deve l'influsso scandinavo nella cucina gianoziana.

La crostata alla Gustafsson, in sé molto semplice, è resa unica proprio dall'incontro di varie tradizioni e dall'uso di ingredienti ricercati.

Ingredienti

  • Pasta frolla alle mandorle;
  • marmellata di camemoro (hjortronsylt);
  • marmellata di mirtilli rossi (lingonsylt). 
  • marmellata di mirtilli neri;
  • zucchero a velo.
Le dosi per la pasta frolla alle mandorle sono:
  • 3 uova;
  • 400 g di farina;
  • 250 g di burro;
  • 250 g di mandorle tritate;
  • scorza di due arance;
  • sale.
Di farina ne servirà ovviamente un po' di più. Anche di burro se si usa una tortiera che va imburrata.
Con la pasta frolla che avanza si possono fare dei biscotti alti 3-4 mm, da cospargere di zucchero a velo una volta freddi.
Il camemoro o lampone artico è una pianta artica che produce dei frutti simili a delle more, ma di colore chiaro giallo-dorato. E' una pianta selvatica, ma i governi scandinavi stanno cercando di addomesticarla e commercializzarla, assieme ad altri tipi di bacche nordiche. E' raffigurata sulle monete da due euro finlandesi.

Strumenti


  • Ciotola; 
  • spatola; 
  • tagliere e coltello; 
  • bilancia; 
  • cucchiaio; 
  • pellicola o carta d'alluminio; 
  • tortiera; 
  • mattarello; 
  • frullatore;
  • rotella o coltellino per tagliare la pasta.

Procedimento

  1. Mettere la farina e le mandorle tritate nella ciotola con un pizzico di sale, la scorza d'arancia e mescolare.
  2. Fare a pezzetti il burro e metterlo nella farina, lavorando il tutto con la spatola fino ad avere un insieme tutto sbriciolato. Il burro dev'essere stato appena tolto dal frigo.
  3. Aggiungere una a una le uova e incorporarle, sempre utilizzando la spatola.
  4. Cercare di fare una palla con le mani. Il burro si scioglie con la temperatura del corpo, quindi è spesso sufficiente tenere in mano l'impasto premendo perché si attacchi. Al limite aggiungere un cucchiaino o due d'acqua.
  5. Quando la palla tiene da sola, avvolgerla nella pellicola o nella carta stagnola e metterla in frigo per almeno mezz'ora. Può restarci anche un paio di giorni.
  6. Mescolare le due marmellate nel frullatore.
  7. Stendere la pasta, lasciandone da parte tra un terzo e metà per la chiusura e la decorazione.
  8. Foderare la tortiera.
  9. Mettere la marmellata.
  10. Chiudere con la classica copertura a strisce incrociate delle crostate e decorare con pezzi di pasta avanzata.
  11. Mettere in forno a 150-180 gradi per 30-40 minuti.
  12. Lasciare raffreddare e cospargere di zucchero a velo.

Coppa di Sant'Ignutius

I lunghi viaggi di San Corofrasto lo portarono in tutto il mondo allora conosciuto e anche in quello sconosciuto ai più. Nel sud-est del Mediterraneo, San Corofrasto si innamorò della frutta secca, dello yoghurt e della ricotta. Tornato in patria, lui e Gustafsson elaborarono questa deliziosa ricetta, un delicato dessert dedicato a Sant'Ignutius, protettore della Gianozia, in cui sposarono sapori Mediterranei con un ingrediente molto nordico, il whisky.

Ingredienti

  • Ricotta; 
  • yoghurt; 
  • miele; 
  • frutta secca: pinoli, noci tritate, uva passa e/o pistacchi;
  • frutta: banane, pere e/o uva bianca;
  • irish mist.

Strumenti

  • Frullatore. 
  • Due ciotole, una per la crema e una per la frutta fresca. 
  • Due cucchiai di legno. 
  • Coppe o ciotoline per servire. 
  • Coltello.

Procedimento

  1. Impastare la ricotta, lo yoghurt e il miele fino ad ottenere una crema. 
  2. Aggiungere la frutta secca. 
  3. Tagliare a pezzetti la frutta fresca, mescolarla e bagnarla abbondantemente coll'irish mist
  4. Mettere la frutta fresca nelle coppe. 
  5. Ricoprirla con la crema di ricotta e yoghurt. 
  6. Decorare con pezzetti di frutta secca e fresca.
  7. Mettere in frigo e servire freddo.

sabato 15 maggio 2010

Spezzatino alla birra

L'origine dell'uso della birra come ingrediente nella cucina gianoziana è ignota. Ci sono ipotesi su una possibile influenza irlandese, ma è ignoto come questa tradizione abbia raggiunto la Gianozia.

In ogni caso, lo spezzatino con la birra è un piatto che ogni buon gianoziano apprezza con gusto.

Ingredienti

  • Bocconcini di manzo e/o cavallo; 
  • funghi champignon a fette e chiodini; 
  • birra: 2/3 scura forte (tipo Guinness), 1/3 birra chiara al malto; 
  • battuto
  • farina di riso;
  • origano, maggiorana, ginepro, zenzero, pepe;
  • sale;
  • eventualmente, brodo, acqua, latte;
  • olio. 
Per circa 1.5 kg di carne serviranno 3 o 4 bottiglie di birra da 33 cl. In ogni caso, di più non fa male.

Strumenti

  • Pentola con coperchio; 
  • ciotola;
  • cucchiaio di legno; 
  • cucchiaio.

Procedimento

  1. Infarinare lo spezzatino con farina di riso, erbe e spezie. Lo zenzero va messo se la carne ha un sapore troppo forte e ne va messo la punta di un cucchiaino. Mettetelo se usate carne di cavallo.
  2. Mettere poco olio, il battuto e lo spezzatino nella pentola a fuoco vivace. 
  3. Quando ha preso un po' di colore, abbassare la fiamma e mescolare.
  4. Mettere il cucchiaio tra il coperchio e la pentola per tenere il coperchio leggermente sollevato.
  5. Per la prima mezz'ora, aggiungere la birra poco per volta quando lo spezzatino si sta per asciugare.
  6. Alla fine della mezz'ora, versare la birra in modo che la schiuma raggiunga il livello dello spezzatino.
  7. Ripetere l'operazione ogni mezz'ora circa, o anche prima se lo spezzatino si è asciugato. 
  8. Deve continuare a cuocere per almeno due o tre ore. 
  9. Verso la fine, dopo circa due ore, aggiungere i funghi. 
  10. Regolare di sale solo alla fine.
  11. Sempre alla fine, aggiungere uno o due cucchiai di farina di riso per addensare l'intingolo.
Se la birra non fosse sufficiente, allungare con brodo, acqua o latte (quest'ultimo non più di un bicchiere scarso). L'ultima volta però è obbligatorio che sia birra, quindi tenetevela da parte. E' bene che quest'ultimo giro non cuocia molto, altrimenti l'aroma si disperde. Lo spezzatino viene ottimo lo stesso, ma non saprà di birra.
Se lo preparate la sera prima, tenetevi da parte un bicchiere di birra per ravvivarlo un po' prima di andare in tavola.
L'ideale è accompagnarlo con del purè di patate.

venerdì 14 maggio 2010

Il battuto di Gianozia

Il battuto in Gianozia è un ingrediente utilizzato in moltissime ricette. Viene fatto principalmente di carote, cipolle e sedano, ma a volte la cipolla viene in parte sostituita con cipollotti o porri.
Un vero battutto gianoziano deve mantenere una rigorosa proporzione, in modo che ci sia sempre la stessa quantità di carote, sedano e cipolle (o sostituti).
Le cipolle sono rigorosamente cipolle bianche o bionde.
La proporzione giusta si ottiene tritando insieme:
  • 1 cipolla medio-piccola;
  • 2 carote medie;
  • 2 coste di sedano (comprese le foglie).
Spesso al supermercato vendono delle confezioni di verdure fresche per il brodo, già pronte e pulite, che possono essere utilizzate allo scopo.
Il battuto in Gianozia non viene mai soffritto, ma è utilizzato a crudo, mettendo olio, battuto e altri ingredienti direttamente tutti insieme nella pentola. Questo conferisce alle pietanze un sapore più delicato e una maggiore digeribilità.
Questo battuto si può congelare agevolmente in bicchierini di plastica da caffè, coperti con pellicola o carta d'alluminio.

Il battutto congelato va scongelato o nel forno a microonde o direttamente nella pentola prima di poter essere impiegato.

Albatrellus Pes-Caprae

L'Albatrellus Pes-Caprae è un fungo che in Gianozia si trova qualche volta in autunno, tanto raro quanto rinomato.
E' noto anche come piede di capra, lingua di brughiera, orie d'asu, bruin, gasparin. E' un fungo veramente eccellente.
In Gianozia lo si prepara in un modo molto semplice, che viene chiamato il modo della strega.

Ingredienti

  • Funghi albatrellus pes-caprae;
  • dragoncello fresco;
  • burro.

Strumenti

  • Mandolina o robot per affettare;
  • coltellino e tagliere per pulire i funghi;
  • padella con coperchio.

Procedimento

  1. Pulire e affettare i funghi molto sottili.
  2. Mettere una noce di burro nella padella e farlo sciogliere un po' sul fuoco.
  3. Aggiungere i funghi e lasciarli cuocere per cinque minuti.
  4. Aggiungere il dragoncello e far terminare la cottura.

mercoledì 12 maggio 2010

Ragù alla Coronelliana

Dovendo parlare di ragù, in Gianozia è meglio lasciar fare a Corofrasto. Difatti, il ragù tradizionale gianoziano è quello di Coronella (o alla Coronelliana), città natale di Corofrasto. Le dispute sulla vera ricetta risalgono alla notte dei tempi, come testimonia questa lettera di Klarentia:
Nacque così, come vi ho detto, questo bisticcio in seno all'alto consiglio, e ognuno diceva quello che gli sembrava dovesse starci e non starci e su quanto e come dovesse sobbolire la pietanza. Dovetti promettere che avrei interpellato la vostra signoria, come esperta della materia e per essere l'oggetto della nostra disputa un vostro sì gustoso conterraneo. Son qui quindi a chiedervi nuovamente il vostro aiuto per questa nostra nobile nazione, e pregovi rispondere tosto, acciocché l'altro consiglio possa superare la contesa con la vostra sì grande sapienza.
Questa è la risposta di Corofrasto:
Invero, molte sono le varianti del mio gustoso conterraneo. La mia amata mamma lo preparava con carne di vario tipo, di vitello giovane e no, di maiale e financo di cavallo. Tentò anche il grosso pollo delle indie occidentali [il tacchino, n.d.r.], e risultò gustoso, ancorché un po' troppo asciutto. Ella faceva un battutto con carote, cipolle e  sedano e metteva dei cucchiai di questo trito poco poco nell'olio. Tritava tutta la carne e la metteva nella pignatta. Qualche volta metteva anche una salsiccia o due, tutte aperte e sbriciolate. Poi lasciava che cuocesse lungo lungo e piano piano, mescolando bene e qualche volta aggiungeva della salsa nera cinese [la salsa di soia, n.d.r] o dell'acqua o del brodo o del vino o anco della birra, se era troppo asciutto. Secondo come che aveva gusto, metteva sale e pepe. Poteva anche mettere qualche fettina di funghi o un mazzetto di odori o uno poco di origano. Nelli ultimi tempi, come è venuta usanza ai nostri giorni, ha provato a mettere anche della tomata passata ed è risultato assai buono.
Non si sa se questa risposta abbia risolto i problemi del consiglio. Corofrasto, sempre una preziosa fonte per la storia gianoziana, fa' vedere come già ai tempi di Corofrasto gli ingredienti base fossero tutti presenti, compreso il pomodoro.

Ingredienti

Obbligatori:
  • carne macinata di vario tipo: vitello, manzo, maiale, tacchino; anche salsicce o salamelle (ca. 1 kg);
  • battuto (ca. tre o quattro cucchiai);
  • olio;
  • sale, pepe;
  • passato di pomodoro.
La carne non dev'essere troppo magra. Se lo fosse, aggiungere una salsiccia. Il battuto va fatto con una proporzione di una cipolla, due carote e due coste di sedano, in modo che le quantità risultino tutte uguali. Ne viene molto di più del necessario. Quello che avanza può essere congelato in bicchierini di plastica da caffè coperti con pellicola o carta stagnola. Di questi ultimi ne servirebbero due o tre.

Facoltativi:
  • liquidi: acqua, brodo, salsa di soia, birra, marsala, vino rosso;
  • odori e spezie: origano, salvia, rosmarino, alloro, maggiorana, zenzero;
  • funghi affettati.

Strumenti

  • Pentola con coperchio, possibilmente antiaderente;
  • cucchiaio di legno.

Procedimento

Il procedimento è molto semplice. L'importante è che il ragù cuocia molto a lungo e che, soprattutto all'inizio, venga mescolato per impedire alla carne di formare del blocchi compatti. Inoltre bisogna che non asciughi, altrimenti si brucia.
  1. Mettere un filo d'olio nella pentola e aggiungere il battuto. Se il battuto è congelato, mettere la pentola coperta sul fuoco per uno o due minuti finché non si scongela.  Altrimenti lasciarlo pure crudo.
  2. Mettere la carne, schiacciandola e mescolandola col cucchiaio in modo da sbriciolarla meglio. Se ci sono salsicce, aprirle e spezzettarle e poi mescolarle come l'altra carne.
  3. Mettere la pentola a fuoco da medio a vivace, finché la carne non diventa biancastra. 
  4. Abbassare la fiamma al minimo e tenere sempre coperto.
  5. Quando comincia a sobbollire, mettere il cucchiaio tra la pentola e il coperchio per tenerlo leggermente aperto.
  6. Farlo cuocere per almeno due o tre ore, mescolando e controllando di tanto in tanto.
  7. Quando la carne è completamente cotta, cioè circa dopo un'ora abbondante, aggiungere il passato di pomodoro.
  8. Regolare di sale e pepe e altro verso la fine.
Man mano che cuoce, la carne rilascia acqua e grasso, che in parte evaporano. Se evaporano troppo, il ragù si asciuga e finisce col bruciarsi. Per ovviare, bisogna reintegrare i liquidi nel ragù. Questo può essere fatto con acqua o alcuni dei liquidi citati negli ingredienti. Anche il pomodoro reintegra i liquidi del ragù, quindi in caso si può anticipare. Se non asciuga, può cuocere anche per più tempo.

Se si desidera mettere dei funghi, questi vanno messi verso la fine, dopo un paio d'ore abbondanti.

Rosmarino, salvia, alloro o altri odori vanno messi in un colino da thè o in una garza, in modo da poterli togliere alla fine. Vanno messi un po' dopo il pomodoro e lasciati nella pentola anche quando la si toglie dal fuoco, finché non si usa il ragù.

Se la carne avesse un odore troppo intenso (capita ad esempio col maiale), aggiungere non più di mezzo cucchiaino di zenzero.

lunedì 10 maggio 2010

Straccetti con cipolla e peperoni

Questa ricetta è un classico della cucina gianoziana e un buon esempio del noto principio dei tre colori.







Ingredienti

  • Fettine di vitello;
  • peperoni;
  • cipolle;
  • origano, sale, pepe o peperoncino;
  • marsala;
  • salsa di soia;
  • olio.
Vitello: quelle migliori sono le fette da fare sulla griglia, senz'osso, ma non troppo alte (tra mezzo centimetro e un centimetro). Quantità: due o tre a testa. Pepe o peperoncino? Va a gusti. L'importante è non esagerare, perché questo piatto è già abbastanza saporito per via dei peperoni. Peperoni: devono avere la pelle liscia, senza difetti (tagli o ammaccature) ed essere sodi. Ne serve uno o due ogni due persone. La tradizione vuole che ci sia il massimo numero di colori possibile. In particolare, per rispettare il principio dei tre colori, servirebbero almeno due peperoni di due colori diversi. Quando si può usare solo un peperone, si può cercare un peperone che sia mezzo verde e mezzo rosso o mezzo verde e mezzo giallo. I peperoni, difatti, acquistano colore con la maturazione, diventando o rossi o gialli, quindi sono verdi o colorati a seconda del momento in cui vengono raccolti. Nel banco della verdura se ne trovano spesso che sono a metà strada. Origano: si può trovare fresco (vicino alle insalate) o secco tra le spezie. Nel sud Italia, da cui quest'erba si è diffusa anche in tutta la Gianozia, è venduto anche a mazzetti. Quello fresco è migliore e ne serviranno tre o quattro rametti ogni due persone. Quello secco è meglio comprarlo sfuso in drogheria o in busta e va conservato in barattoli chiusi al buio. Dura al più qualche mese, dopodiché inizia a sapere di fieno, quindi attenzione alla data di confezionamento e alla scadenza. Non è difficile da dosare e ne serviranno un cucchiaino o due. Volendo si può usare anche della maggiorana insieme all'origano, per la quale valgono le stesse considerazioni. Marsala: scegliere Marsala d.o.c., che non abbia l'indicazione vino liquoroso sull'etichetta. Il Marsala viene venduto anche con l'uovo, quindi fare attenzione a prendere quello senza uovo. Salsa di soia: è un ingrediente tipico della cucina orientale, ma è ormai molto comune in tutti i supermercati. Nella cucina gianoziana è presente sin dalle origini, a testimonianza degli intensi traffici con la Cina e l'oriente. Un tempo, in un mondo meno globalizzato di adesso, la salsa di soia era importata in Gianozia grazie a un meriorento commerciale, detto il "Merioriento delle Indie Orientali", che aveva luogo quattro volte l'anno e consentiva l'importazione di prodotti come la seta, le spezie e appunto la salsa di soia.

Strumenti

  • Coltello;
  • tagliere;
  • padella (meglio se antiaderente), con coperchio;
  • cucchiaio di legno;
  • mestolo forato;
  • ciotola.

Procedimento

  1. Affettare la carne a strisce sottili, tagliando in direzione parallela al lato corto della fettina.
  2. Mettere le strisce in una ciotola con una manciata di origano, un po' di pepe e un pizzico di sale, mescolare e aggiungere un mezzo bicchiere di marsala.
  3. Affettare la cipolla a fettine sottili (vedi la ricetta della pasta col pomodoro).
  4. Pulire i peperoni, togliendo il picciolo e tutti i semi. Affettare i peperoni a strisce. Si possono fare in due modi:

    • si taglia il peperone in tre o quattro falde e lo si affetta a strisce di circa uno o due centimetri, in direzione parallela al lato corto della falda.
    • si lascia il peperone intero e lo si taglia a fettine di circa mezzo centimetro o anche meno, in modo da formare dei cerchi; poi si fa un taglio ad ogni fetta per aprirle;

  5. Mettere la padella sul fuoco con poco olio e le cipolle a fuoco vivace.
  6. Quando le cipolle sono diventate morbide e un po' più scure, metterci la carne, mescolare e lasciare che cuocia un po' (qualche minuto).
  7. Metterci i peperoni, mescolare e coprire.
  8. Aggiungere un po' di salsa di soia (un cucchiaino o due), assaggiare e regolare di sale.
  9. E' cotto quando la carne non è più rosa nemmeno dentro. I peperoni possono rimanere croccanti o cuocere completamente, dipende da quando sono stati messi e da quanto è stato necessario cuocere la carne.
Se si asciugasse, aggiungere un po' d'acqua o un po' di salsa di soia o di Marsala, ma non troppo di questi ultimi due, perché sia la salsa di soia che il Marsala comprono i sapori. Per impiattare, togliere prima la carne con un mestolo forato in modo da scolarla e quindi bagnarla col fondo di cottura e un po' d'olio crudo. In tavola, servire con olio extravergine d'oliva, sale, pepe e pane.

sabato 8 maggio 2010

Antipasto di pere e formaggio

Un buon antipasto deve predisporre al pranzo i commensali. La frutta si presta bene a questo scopo, perché è molto decorativa e stimola l'appetito. In questa ricetta vediamo anche un'abbinamento classico, le pere col formaggio, in una veste decorativa un po' insolita.

Ingredienti

  • Pere;
  • formaggio;
  • bresaola;
  • limoni;
  • pepe;
  • olio.
Pere: devono essere poco mature e molto sode, con pasta compatta. Una pera grande (una Williams, ad esempio) può bastare per quattro-sei persone. Formaggio: per il gusto, deve avere un sapore deciso, mentre per l'estetica deve avere una pasta compatta. Scegliete qualcosa di tipico di dove abitate: asiago, grana, parmigiano, pecorino. Bresaola: per questo piatto, va bene sia la bresaola di manzo, che quella di cavallo. Ne serve una quantità sufficiente a ricoprire tutti i piattini per i commensali, quindi una o due fette a testa di bresaola di manzo, due o tre di bresaola di cavallo. L'ideale è comprarla al banco, ma va bene anche quella in vaschetta. Non quella sottovuoto, perche è quasi impossibile separare le fette senza romperle. Limone: vanno bene dei limoni qualsiasi, purché abbiano un aspetto sano. Uno o due andranno spremuti e uno andrà affettato (vedi sotto).

Utensili

  • Pelapatate;
  • cavatorsoli;
  • coltello;
  • tagliere;
  • pinza per affettare;
  • spremilimone;
  • stampini per biscotti.
Il pelapatate e il cavatorsoli servono a risparmiare fatica nel pelare e pulire le pere. In alternativa si può usare anche il coltello, però ci vorra un po' più di attenzione. La pinza per affettare gli arrosti è quella del disegno qui a fianco e serve per fare fette tutte uguali, non solo di arrosto, ma anche per le nostre pere.

Procedimento

Risulta più gustosa se tutti gli ingredienti sono stati appena tolti dal frigorifero. Le fette di formaggio e di limone e la bresaola sui piatti possono essere preparate in precedenza, ma la pera va affettata all'ultimo momento.
  1. Pelare le pere e togliere i torsoli. Se si usa il cavatorsoli, lasciare la pera intera. Se invece si usa il coltello e non si riesce a lasciarle intere, divederle al massimo a metà.
  2. Con l'aiuto della pinza, affettare la pera cercando di fare fette il piu large possibile.
  3. Cospargere le fette con un po' di succo di limone in modo che non inscuriscano.
  4. Affettare il formaggio in modo da avere fette dello stesso spessore della pera.
  5. Affettare un limone.
  6. Prendere i piattini da antipasto e disporvi sopra le fette di bresaola in modo da coprire il piatto.
  7. Con le formine da biscotti, ritagliare delle figure di pera e di formaggio e disporle nel piatto (tante di pera quante di formaggio). Aggiungere anche una figura ritagliata dalle fette di limone.
  8. Condire con pepe e poco olio.
Questa ricetta va servita subito.

venerdì 7 maggio 2010

La pasta al pomodoro

Come prima lezione di cucina gianoziana prepariamo la pasta al pomodoro. La pasta al pomodoro è una ricetta semplice e di sicura soddisfazione. Siccome questa è una ricetta didattica, vedo di spiegare tutto (o quasi).

Ingredienti

Le quantità sono per due persone.
  • pasta;
  • pomodori;
  • cipolle;
  • basilico;
  • olio, sale.
Partiamo dagli ingredienti, perché la cosa più importante nella cucina gianoziana è saper fare la spesa: vale il principio che se gli ingredienti sono scadenti, il risultato sarà scadente. Anche se non sempre vale il contrario, la pasta al pomodoro è sufficientemente semplice perché il segreto della sua riuscita sia proprio nell'acquisto degli ingredienti giusti. Quindi, la pasta dev'essere di buona qualità. Questo non significa assolutamente che dev'essere di marca, anzi. In commercio esistono sostanzialmente due tipi di pasta già pronta:
  • la pasta fresca (quella che si trova nel reparto frigorifero al supermercato);
  • la pasta secca (quella che si trova sugli scaffali).
Per quanto riguarda la prima, di solito la cosa migliore è affidarsi all'artigianato. In alcuni supermercati, al reparto gastronomia vendono la pasta fresca senza marche e di solito è buona, se no esistono delle marche artigianali (senza pubblicità in TV, per intenderci). Ma siccome difficilmente sarà veramente cattiva, la cosa migliore è provarne qualcuna e decidere cosa si preferisce. Se si opta per la pasta secca, anche qui è meglio preferire della buona pasta artigianale. Ma si trovano anche molte buone marche industriali. Diffidare però delle grandissime marche (per intenderci, di quasi metà dello scaffale) e di quelle troppo a basso costo. Una buona pasta dev'essere di grano duro e (possibilmente) profilata al bronzo. Si riconosce perché ha una superficie ruvida. Come formato va bene uno qualsiasi. Quantità: 200g di pasta secca, 250g di pasta fresca. Olio. Una buona pasta al pomodoro vuole dell'olio extravergine d'oliva, meglio se di frantoio, meglio se conoscete di persona chi lo produce. Olio extravergine d'oliva ce ne sono di svariati tipi. Qui va a gusti e saper distinguere un olio dall'altro è una professione. Tuttavia, i criteri principali per comprare un buon olio extravergine al supermercato sono:
  • sull'etichetta dev'essere scritto olio extravergine d'oliva;
  • se c'è scritto spremitura a freddo, meglio;
  • il colore dev'essere più verso il verde che verso il giallo; l'olio migliore (ma non lo vendono al supermercato) è verde mela;
  • non dev'essere troppo limpido.
L'olio di oliva non extravergine o l'olio di semi non vanno bene, perché hanno un sapore diverso che non sposa con gli altri ingredienti. Cipolle. Le cipolle sono relativamente facili da comprare. Per questa ricetta vanno bene quelle bianche o bionde (marroncine col dentro bianco-giallino) in rete. Quantità: 1 cipolla piccola o mezza grande. Piccola: diametro meno di 4 cm. Sale. Ne va bene uno qualsiasi, ma si dosa meglio se è grosso e dice che quello iodato faccia bene alla salute. Basilico. Di solito nel supermercato non c'è molta scelta, o le piantine o il basilico in vaschetta. Può andarvi meglio se lo comprate dal fruttivendolo, dove può essere che lo venda a mazzetti. In ogni caso, le foglie devono essere perfette e avere un aspetto fresco, senza nessunissima parte di colore scuro-nero. Quantità: se vi piace, tanto, se non vi piace, 1 foglia a testa. Pomodori. Quelli che servono per questa ricetta sono questi: I pomodori devono essere perfetti e sodi (a costo di toccarli tutti), asciutti e maturi. E devono essere attaccati al rametto. Quantità: se vi piacciono, quattro o cinque; o anche sei, se è proprio golosità vera.

Utensili necessari

Servono:
  • pentola grande (pentola da pasta), con coperchio (circa 4-5 l, cioè circa 12-15cm in altezza per 22-24cm di diametro);
  • padella con uno o due manici, con coperchio (circa 22-24cm di diametro per 5-10cm di altezza);
  • scolapaste;
  • tagliere;
  • mestolo per servire gli spaghetti (anche se non sono spaghetti);
  • cucchiaio di legno;
  • coltello;
  • piatto;
  • forchetta o cucchiaio per assaggiare qua e là (vanno lavati ad ogni assaggio!).

Come e perché pelare i pomodori

La buccia dei pomodori è abbastanza fastidiosa quando si mangia e in più impedisce sia alla polpa di cuocere adeguadamente, che al sugo di attaccarsi alla pasta. Siccome pelarli non è difficile, è meglio farlo.
  1. Pulire i pomodori: bisogna togliere il rametto e la parte dove appoggia il picciolo. Poi i pomodori vanno lavati in acqua.
  2. Riempire d'acqua la pentola grande e metterla sul fuoco a fuoco vivace coperta. L'acqua ha il vizio di evaporare se non è coperta.
  3. Quando l'acqua bolle, buttare dentro i pomodori.
  4. Far passare un minuto o due (non devono cuocere) e spengere il fuoco.
  5. Con il mestolo da spaghetti, togliere un pomodoro dall'acqua e incidere la buccia con il coltello.
  6. Mettere il mestolo sotto l'acqua fredda (per non scottarsi) e afferrare il pomodoro. La buccia a questo punto viene via da sola come fosse un guanto. Attenzione, che il pomodoro è ancora caldo anche se non sembra perché è sotto l'acqua fredda.
  7. Mettere il pomodoro su un piatto.
  8. Ripetere dal punto 5 fino a finire i pomodori.
Quando i pomodori saranno un po' più freddi, vanno tagliati a metà o in quattro parti. Siccome sono pelati, si scioglieranno da soli durante la cottura e quindi non è necessario tagliarli in tanti pezzi. Bisogna lavare la pentola (e il mestolo da spaghetti se avete scelto spaghetti).

Affettare la cipolla

Esistono diversi trucchi per evitare di piangere affettando le cipolle. La cosa migliore è procedere come segue.
  1. Afferrare la cipolla dal lato della radice (dove c'è in po' di barbetta) e tagliare la punta dall'altra parte.
  2. Aprire i primi due-tre strati (finché non si arriva alla parte umida) come fossero un sacchetto, senza staccarli dalla radice e rivoltarli.
  3. Lavare la parte interna della cipolla sotto l'acqua corrente.
  4. Metterla sul tagliere e affettarla a fette sottili, partendo dalla punta tagliata, tenendola ferma per le foglie rivoltate.

Preparare il sugo

  1. Prendere la padella e metterci un filo d'olio (poco!). Se la padella è antiaderente, ce ne va davvero pochissimo (uno o due cucchiaini da caffè), ce ne va un po' di più se non lo è.
  2. Metterci la cipolla e metterla sul fuoco, col fuoco alto. Aspettare che l'olio cominci a sfrigolare e abbassare la fiamma e mettere il coperchio.
  3. Dopo qualche minuto la cipolla diventa morbida e un po' più scura: mettere quindi i pomodori e mescolare.
  4. Spiaccicare un po' i pomodori col cucchiaio di legno e mescolare.
  5. Farlo cuocere coperto.
  6. Il sale va messo alla fine, poco prima di spengere. Ce ne vuole circa una mezza manciata se è grosso e un pizzico abbandante se è fine. Si fa sempre in tempo a metterlo dopo, comunque, quindi è meglio troppo poco che troppo.
  7. Spenta la fiamma, mettere qualche foglia di basilico, mescolare e richiudere finché non si serve.
Il punto di cottura dipende molto dal gusto personale, perché c'è chi preferisce il pomodoro un po' crudo e chi lo vuole molto cotto. La cosa migliore è assaggiare e spengere quando aggrada. Il pomodoro è completamente cotto, comunque, quando è diventato arancione.

Cuocere la pasta

Ogni buon gianoziano dovrebbe sapere quando e come cuocere la pasta. Per chi gianoziano non è, diciamo subito che i tempi di cottura scritti sui pacchi di pasta sono di solito piuttosto fantasiosi. Quindi bisogna imparare ad assaggiare la pasta per sapere quando è cotta. Ma c'è una buona notizia: la pasta fresca e quella secca buona ci mettono dai cinque ai dieci minuti a scuocere, quando è passato il punto di cottura, quindi c'è tutto il tempo per accorgersene.
  1. Riprendere la pentola e riempirla d'acqua, anche se non completamente, e metterla sul fuoco al massimo coperta.
  2. Aggiungere una manciata di sale grosso (molto meno se è fine). Il sale si può mettere quando si vuole. L'unica accortezza è che il sale alza la temperatura di ebollizione dell'acqua, quindi se l'acqua sta bollendo quando lo si aggiunge bisogna aspettare un po' che riprenda a bollire.
  3. Quando l'acqua bolle, buttare la pasta e girare.
  4. Quando la pasta è cotta, scolarla e servire.
Il punto di cottura della pasta è una nota abbastanza dolente. Deve essere resistente, ma non croccante, morbida, ma mantenere la propria forma. La pasta fresca cuoce in pochi minuti (massimo cinque) e scuoce in tempi abbastanza lunghi. Quindi è facile. Molti formati di pasta fresca sono cotti quando affiorano in superficie. Per la pasta secca, il modo migliore per imparare a riconoscere la cottura è il seguente. Dopo poco che la pasta è nell'acqua, quando comincia a diventare un po' morbida, prendere uno X (uno spaghetto, un fusillo, ecc.) e metterlo in un piatto. Con la forchetta, spezzarlo a metà. L'interno sarà bianco e duro. La pasta è cotta quando ripetendo l'operazione non si trova più la parte bianca all'interno.

Servire in tavola

  1. Presi due piatti, dividere la pasta tra i due piatti.
  2. Versare sopra il sugo di pomodoro.
  3. Aggiungere due-tre foglie di basilico ad ogni piatto.
  4. Completare con un filo d'olio a crudo.
In tavola devono esserci sale e olio in modo che i commensali possano regolarli. E pane per la scarpetta. Il formaggio in questo piatto non è previsto dalla tradizione gianoziana, ma si sa che ci sono altre parti del mondo in cui quest'usanza è prevista, quindi se i vostri commensali lo desiderano, mandate in tavola anche del grana o del parmigiano grattugiati. Ma va bene anche del buon pecorino, se uno proprio vuol essere raffinato.

giovedì 6 maggio 2010

Pasta in Bianco e Rizzati

La Pasta in Bianco e Rizzati, come racconta San Corofrasto da Coronella, è il tipico piatto stranoziano della vigilia della Ricorrenza della Grande Rivolta, nella quale gli Stranoti ricordano uno dei più tristi episodi della loro plurimillenaria storia.
Si racconta che ai tempi di Teoduberto XIII il Crudele, discendente del grande re Teoduberto, gli Stranoti erano in rivolta contro i Gianoti, perché Teoduberto XIII aveva dichiarato nullo il trattato stipulato a suo tempo con Teoduberto il Grande, che nessuno aveva osato contestare per quasi 1500 anni. La scintilla che fece scattare la Grande Rivolta fu l'editto di Teduberto XIII, che vietava agli Stranoti di condire la pasta. Così racconta San Corofrasto:
Essi [gli Stranoti] festegiano quello giorno, nel quale ricordeno la Grande Rivolta ch'essi ebbero sotto lo re Teoduberto Crudele. Lo giorno avanti, mangeno solo che pasta sine condimento alcuno, pe' ricordo de lo famoso editto della pasta bianca. Et essi la mangeno a desinare sine parola alcuna, mentre la sera fanno grande baccano, et dicono uno all'altro "Rizzati!" et li maggiori si rizzeno et battono forte la mano sul tavolo et dicheno "Trattato!" et "Teoduberto morto" et altre simili cose. Et lo giorno appresso fanno grande teatro, et grande festa, et mangeno solo pasta con tanto condimento.
Ai tempi di San Corofrasto (che visse sotto il successore di Teoduberto XIII) la vicenda era ancora fresca, e questo giustificava tutta la cerimonia. Ai giorni nostri, gli Stranoti si limitano a mangiare pasta in bianco la vigilia e a festeggiare con abbondanza il giorno della Ricorrenza. In molte famiglie Stranoziane è uso ancora oggi, il giorno prima che un ragazzo diventi maggiorenne, presentargli un piatto di pasta in bianco, dicendogli "Rizzati!". Quello quindi si alza, batte la mano sul tavolo e dice "Trattato". Mentre solo nelle famiglie più conservatrici quest'uso è rimasto per la vigilia della Ricorrenza.
Recenti studi, tuttavia, sembrano confutare la leggenda, e ritengono che invece la tradizione della pasta in bianco sia molto più antica, e che stia a simboleggiare l'augurio che nella vita ci sia almeno il fondamentale (rappresentato dalla pasta), dato che sicuramente ci saranno momenti in cui il superfluo (il condimento) mancherà, e che il "Rizzati!" sia un invito a lavorare per raggiungere i propri obbiettivi.

mercoledì 5 maggio 2010

Corso di cucina gianoziana

La cucina è un'importante componente della cultura gianoziana. Imparare a cucinare gianoziano non è difficile. Tra l'altro, c'è chi propone l'esame di cucina per ottenere la cittadinanza della Gianozia Orientale.
Quindi abbiamo pensato che oltre alle ricette potesse tornare utile un corso di cucina gianoziana. Il corso sarà organizzato in un insieme di ricette didattiche, in modo che si possano apprezzare da subito i risultati (o almeno si spera!). E' indirizzato a tutti, anche ai principianti assoluti, anzi, soprattutto a loro.

Prima però due note sulla cucina gianoziana. La cucina gianoziana è una cucina fondamentalmente mediterranea. Ma, viste le vicissitudini della Gianozia, non c'è da stupirsi che ci siano influenze che provengono da ogni parte del mondo. Sono ben note, per esempio, le influenze Svedesi e Sino-Giapponesi.
La discussione sulla cucina in Gianozia risale quanto meno a San Corofrasto, ma è molto probabile che ci fosse anche una tradizione precedente. In Gianozia, la cucina è da sempre ritenuta una forma d'arte, al pari della pittura o della letteratura. E da sempre c'è anche sperimentazione: è per questo che molti ingredienti, relativamente nuovi nel resto d'Europa (patata, pomodoro, cioccolato, ecc.) erano già ben noti ai tempi di San Corofrasto.

martedì 4 maggio 2010

La besciamella

cappello: ricette di base
La presenza della besciamella tra le ricette base della cucina gianoziana evidenzia il grande contributo dato dalla cucina italiana e francese alla cucina gianoziana. A fare la besciamella in Gianozia si impara fin da piccoli e ogni famiglia ha la sua variante. La besciamella gianoziana si distingue però dalla variante franco-italiana (per la quale si rimanda a François Pierre de La Varenne, Le cuisinier François) per l'aggiunta del formaggio e l'uso della farina di riso.

Ingredienti

  • Farina
  • burro
  • latte
  • formaggi fondenti (fontina, sottilette, formaggini, emmenthal, gorgonzola, stracchino, asiago, ecc.)
  • grana o parmigiano tritati
  • noce moscata
Per quanto riguarda le dosi, all'incirca per un litro di latte serve un 50g di burro (tipo una noce un po' grossa) e una quantità di farina che varia a seconda del tipo di farina. Circa un cucchiaio se si usa l'amido o la fecola, uno abbondante se si usa la farina bianca normale (tipo 0 o 00) e due abbondanti se si usa la farina di riso. La migliore per la besciamella (e le salse in generale) è la farina di riso, perché non ha nessun sapore e non fa grumi. La farina bianca è quella con più sapore e tende a sentirsi se la besciamella non è molto diluita. La quantità di formaggio dipende dai gusti e dall'uso della besciamella. Tipicamente possono essere un paio di cucchiai di grana, qualche fetta di altro formaggio, un pezzo di gorgonzola a dadini, un formaggino. I formaggi devono sciogliersi e non filare come la mozzarella, altrimenti si appallano. Serve una pentola un po' grande, tipo quella per fare la pasta, meglio se antiaderente.

Procedimento

Nella besciamella è fondamentale fare tutto al momento giusto, quindi è meglio preparare prima tutti gli ingredienti, soprattutto il formaggio, in modo che sia a portata di mano. Aprire il latte prima di partire e metterlo vicino al fornello. I primi cinque minuti sono fondamentali.
  1. Mettere il burro nella pentola e mettere la pentola sul fuoco a fuoco vivace, in modo che il burro si sciolga, ma non deve cuocere.
  2. Versare a pioggia la farina e velocemente fare una pappetta con il burro. E' in questo momento che si possono formare grumi. Il tutto deve amalgamarsi, ma come sopra non deve cuocere. Abbassare al minimo la fiamma.
  3. Non appena la farina e il burro si sono amalgamati, versare poco latte e mescolare velocemente. Anche in questo momento possono formarsi grumi. La quantità è all'incirca una tazzina da caffè.
  4. Continuare ad aggiungere latte a piccole dosi finché non diventa abbastanza liquido.
  5. A questo punto il rischio dei grumi dovrebbe essere scongiurato e si può procedere più celermente. Non troppo però, perché bisogna dare modo al latte di evaporare, in modo da avere una crema abbastanza densa, ma senza bollire il latte.
  6. Durante questa fase si aggiunge il formaggio, un po' per volta in modo che possa sciogliersi.
  7. Quando la salsa è della quantità e della consistenza desiderata è pronta.

Come fare per...

Se nonostante tutto si sono formati grumi, togliere il tutto dal fuoco, prima di mettere il formaggio, e passarlo attraverso un colino. Poi rimettere sul fuoco. Se invece è venuta troppo liquida, aggiungere un pezzetto di burro infarinato.

Cannelloni della Regina Klarentia

Si dice che la regina Klarentia V avesse una vera passione per la cucina e che abbia creato da sé molti dei piatti che venivano serviti a corte. Ebbe spesso occasione di scrivere a Corofrasto in merito a questa o quella ricetta, in particolare quando cercava di ricostruire ricette tradizionali, e molte delle ricette riproposte da Corofrasto sono in realtà riscoperte di Klarentia.
La ricetta dei Cannelloni della Regina Klarentia è una di queste, e così difatti lei ne scrive a Corofrasto:
Nella nostra ricerca in cucina abbiamo scoperto un modo assai gustoso di combinare la semplice pasta, una minestra di gran soddisfazione, che risulta ogni volta più buona della precedente. Mi dicono le nostre donne che questa è ricetta di tempi antichi e che sia di gran tradizione in Gianozia, tuttavia voi sapete che quelle cercano in ogni modo di compiacermi, e di darsi lustro, per cui non so quanto ci sia a fidarsi. Ma è comunque un piatto che merita e così com'è ve lo descrivo.

La ricetta così com'è, non poteva essere veramente di lunga tradizione, dato che già prevedeva il pomodoro (la tomata di Corofrasto). Si sa che i Gianoziani furono dei precursori nell'uso delle piante delle Indie occidentali, che ci arrivarono qualche volta anche secoli prima del resto degli europei (è il caso, per esempio, della patata), ma comunque un piatto col pomodoro non poteva essere troppo antico ai tempi di Corofrasto. Tuttavia, è lo stesso Corofrasto che fa notare:
Non so se trattasi di ricetta antica oppure no e certo l'uso della tomata non fa pensare a un piatto di lunga data, purtuttavia in certi paesi nell'interno ho visto confezionare la pasta in questa guisa, con salse a base di latte e ripieno, di erbe e nei giorni di festa pure di carne, senza la tomata. Può darsi che quella della tomata sia un'inovazione recente e, direi, ben fortunata e giusta, su un piatto in vero più antico.

Secondo Corofrasto, questa ricetta non fu estranea alla buona riuscita della missione diplomatica che stava svolgendo:
Ho suggerita la vostra minestra al cuoco di questo signore qui dove sono per vostro servizio e fu molto apprezzata. Esso signore gradisce molto i piaceri della tavola e questo inatteso dono di Vostra Grazia, com'ebbe a chiamarlo, sta non poco favorendo li nostri negozii. Sarebbe invero meraviglioso se tutte le volte si potesse così accomodarsi, e la Gianozia non potrebbe avere regina migliore di voi in questo.

Ingredienti

  • Cannelloni o altra pasta da riempire
  • spinaci
  • ricotta
  • besciamella
  • passata di pomodoro (anche a cubetti, ma non crudo)
  • cipolla
  • parmigiano o grana grattugiato
  • olio, sale, pepe, noce moscata
Le dosi dipendono da quanto se ne vuole fare e dai gusti. Le cose importanti a cui badare sono:
  • che la quantità di pasta sia proporzionale al recipiente;
  • che ci sia abbastanza besciamella da ricoprire tutto;
  • che i cannelloni siano ben pieni.

Procedimento

  1. Lessare e tritare gli spinaci.
  2. Mescolare gli spinaci con la ricotta, un po' di parmigiano, sale ,pepe e noce moscata; non dev'essere particolarmente salato, anzi è meglio se è un po' sciocco piuttosto che troppo salato.
  3. A seconda della pasta, può essere utilizzata direttamente com'è, oppure portata a mezza cottura.
  4. Stendere un velo di besciamella sulla teglia.
  5. Riempire la pasta con il ripieno e adagiarla sulla teglia. La pasta deve stare stretta nel recipiente, in un solo strato e non deve arrivare al bordo superiore.
  6. Versate la besciamella fino a ricoprire tutto.
  7. Affettare la cipolla e metterla a soffriggere leggermente con pochissimo olio.
  8. Aggiungere il pomodoro in modo che prenda sapore, senza cuocerlo eccessivamente.
  9. Versare il pomodoro sopra la besciamella, con le cipolle e tutto.
  10. Infornare a 250 gradi per circa 20-30 minuti a seconda della quantità.